EUROPEO 2023 LEGNANO CHAPTER – HD120th BUDAPEST
Capitolo 1 – Si parte!
Whatsapp, venerdì sera: “Ciao Direttore Galattico, ma per l’Europeo ci verrà data una maglietta? Non so quante magliette portare per nove giorni”. Risposta: “Dipende se arrivano e comunque all’evento non mancherà certo la possibilità di comprare del vestiario Harley”. Trooooppo pratico il Director…
Effettivamente non ha tutti i torti. Però non si sa mai, quindi carico comunque nove di tutto e tocco i 15,6 kg di valigia. La porto la macchinetta del caffè? No, non ci entra. Medicine varie che non si sa mai, tablet per il lavoro; servirà il costume? Boh, portiamolo.
Inizia così il mio primo Europeo con il Legnano Chapter Italy #7552 : fretta di partire e strizza di arrivarci impreparato. Mi ci vedo proprio in giro per la foresta di Bukki a spiegare ad un magiaro che vorrei delle mutande… Poi finalmente svengo sul letto ed in un attimo sono già le sei della fatidica mattina della partenza. Un bacio a salutare la moglie e la sua infinita pazienza; carico il Mammuth da 15 kg sul sellino del passeggero, perennemente vuoto, gilet giallo da Safety e via verso la concessionaria. Siamo già in tantissimi e di questi sono tanti anche quelli al primo Europeo, con la mia stessa fregola di partire. Inizia il briefing pre-partenza ma (c’è sempre un cazzo di “ma” quando stai per lanciarti in qualcosa di mitico) arriva una bordata inaspettata: i Chiodini hanno avuto un grosso problema familiare e non possono venire. Come non vengono? Non vengono. Punto! In un colpo solo perdiamo il Giò, Assistant Director e Monica Maria Eva Ceriani Chiodini che, anche se non è brasiliana, è comunque la nostra Ronaldinha delle organizzatrici di Europei in moto; direi che l’inizio non è proprio dei migliori… Che si fa? Si va comunque? Si, andiamo. Penseranno alla gestione del viaggio il Direttivo ed il mitico Pacca. E per l’inglese schiereremo a tutto campo Marco Marinello anche se lui ancora non lo sa.
Siamo 29 moto divisi, per comodità di viaggio, in 3 gruppi; Gruppo Tokaj con Foley come Road Captain, Simone come Safety, Antonio in chiusura. In mezzo al campo lo Sheriff, il Pacca con Magda, Valentino con Maria Grazia, Danilo, Pamela, la new entry del gruppo che fortunatamente si chiama Davide denotando quindi un certo stile innato nella scelta del nome. Non so perché ma già mi piace.
Gruppo Paprika diretto dal Road Enrico Lattuada (e non da Tinto Brass come speravo ma non si può avere tutto), Safety è Marco “the Englishman di Lonate”, Enrico Parolo in chiusura. In mezzo Giuseppe, Michele con Antonella, Monica Breda, Cornelia, Cinzia, Daniele con Maria Angela, Max il Fotografo con la pazienza di Giobbe.
Gruppo Woody guidato dal Road Alberto, come Safety il fantastico ed umilissimo Editor, in chiusura il Director Carlo. In mezzo, a pregare che il Safety non si faccia i cavoli suoi alle rotonde, ci sono: Luca, Paolo, Alessandro con Silvia, Alberto Galli con Elena, Davide Sassi con Susy, Roberto con Donatella, Tiziano con Maristella. A supportare i tre gruppi segue, come sempre agli Europei, il mitico Alberto Arrigoni che col furgone d’appoggio carica ricambi e cibo per alcuni pranzi in corsa previsti dal programma di Monica. Ad occhio direi che siamo uno squadrone organizzatissimo, poche balle.
Ci avviamo, con un pizzico di retrogusto amaro per il problema che ha colpito i Chiodini, ed abbiamo davanti 600 km di autostrada verso la Slovenia. Ovviamente la cosa è un po’ noiosa ma fortunatamente ogni 100/120 km ci si ferma per rifornimenti, pipì e soprattutto per fare un po’ di sano puttanaio. Così casinando qui e là lungo gli autogrill della A4, ci ritroviamo quasi senza accorgercene in Slovenia a Celje al nostro albergo di destinazione per la tappa di oggi. Si chiama Hotel A, insuperabile esempio di fantasia slovena per i nomi degli alberghi. L’hotel è conciso solo nel nome perché dentro invece è bellissimo e c’è pure un bar/ristorante nel quale ci lanciamo, subito dopo la doccia, in cerca di una birra.
Sempre senza spostarci di un millimetro passiamo dal momento aperitivo a quello della cena che scivola via alla grande in mezzo a chiacchiere e risate che stanno aumentando di quantità: ognuno di noi è un pezzo di puzzle che man mano si va ad incastrare con gli altri ed il quadro finale si sta già componendo. Si vede chiaramente e, anche se siamo solo al primo giorno, sono sicuro che sarà un Europeo bellissimo perché, fortunatamente, è un gruppo bellissimo.
Chiudiamo la serata con i festeggiamenti per il compleanno di Cinzia e con Simone che improvvisamente decide di trasformarsi in un mago della finanza: l’idea geniale è rientrare dei soldi spesi per questo Europeo e farlo a costo zero. Comunica quindi a tutti e tutte che la sua camera è la 109 e chi è interessato deve presentarsi con minimo 50 euro da mettere sul comodino solo per iniziare. Poi si vedrà. Probabilmente siamo tutti stanchi del viaggio perché ottiene solo una foto hot di Tiziano di fronte alla sua porta chiusa…. Ci riproverà però nel frattempo andiamo a dormire . Domani sarà un’altra lunga tappa ma ormai il Legnano è in viaggio, la prima tappa è alle spalle e non si torna indietro.
Capitolo 2 – Seghedino chiama, Legnano risponde
La nottata, in questa zona della Slovenia, è stata un po’ umida e le selle delle moto lo sono di conseguenza. “Giubbotto e felpina?”; “Ma no, sta già arrivando il caldo.” “Solo giubbotto, dai, poi vediamo”.
Con Sciukky – Capo Woody – scendiamo per colazione abbastanza in anticipo rispetto all’apertura della sala per scoprire che tre quarti del gruppo è subito a ruota; praticamente è un Chapter d’insonni il nostro ma credo che il recordman sia il Galli. Alle 3.30, per disperazione, era in giardino a fumare per cercare di raggiungere un relax mentale che alla fine non è mai arrivato; anzi, visto il fresco che faceva, credo sia tornato in stanza a ballare sul letto di Elena, più sveglio di prima. Calcolando che alle 7.30 abbiamo il ritrovo alle moto, scateniamo una pressione psicologica importante sul cameriere per accelerare la portata di cose dolci al buffet. Ecco, la sensazione è che forse la parte più difficile di questi nove giorni nell’Est Europa sarà proprio la colazione: ogni mattina ci mettiamo un po’ ad individuare la zona “dolce”, sempre abbastanza ristretta, perché hanno una passione smodata per riempire i buffet di cibo salato. Che senso ha aprire la giornata con prosciutto, formaggio e frittata quando puoi iniziarla con brioches, nutella e marmellata? Giusto o no? Mi sento già Antonio: “a me piace la frittata di mattina”. Tu sei il Dealer e puoi fare quello che vuoi. Magari domani mattina ci prendiamo tutti e due la peperonata, eh? (datemi un secondo che mi ricompongo perché con la lingua fuori non vedo la tastiera e non riesco a scrivere).
Alle 8.00, puntualissimi e con partenza stile “Le Mans” (vedere foto), siamo già in strada direzione Ungheria. CI aspettano altri 500 km circa con destinazione finale Szeged o Seghedino per gli amici; gli ungheresi hanno una fenomenale attitudine a chiamare le loro città in modi impronunciabili per poi doverle sottotitolare per sperare che qualcuno riesca ad arrivarci. Contenti loro.
Benzina subito appena entrati in autostrada e poi dopo altri 85 km. Niente da segnalare a parte il Safety artista che manda ai matti il Road Folegatti perché scala a prendere informazioni sul resto del gruppo ma poi non torna mai a riferirgliele in quanto trova sempre qualcosa o qualcuno che lo distrae dal compito. D’altronde se uno è artista, interpreta a modo suo… Il passaggio autostradale tra Slovenia e Ungheria è indolore – nel senso che non c’è proprio niente da attraversare – solo un cartello che segna il confine come da noi tra le Regioni; cambia però la qualità dell’asfalto che in Ungheria è meno curato a livello di buche ma niente di ingestibile. Primo rifornimento ungherese, terzo della giornata, a Nagykanisza. Il primo che dice che Domodossola è un nome difficile si becca una zoccolata in fronte; provate a pronunciare Nagykanisza senza ridere e poi vediamo. Ormai siamo usciti dall’autostrada e finora, in totale, abbiamo percorso un terzo del tragitto di oggi; anche se siamo appena entrati nel Paese e quindi forse è ancora presto per giudicare, l’Ungheria non mi sembra affatto male. Molto pulita e curata. Per fare la pausa pranzo ci sorbiamo ancora una tappa da 100 km e, quando arriviamo all’area di sosta individuata da Road Lattuada, vi troviamo il ristorante/grill più assurdo che abbia mai visto; praticamente hanno posizionato in questo grande parcheggio tre autobus gialli, in disuso e con look sovietico, ed all’interno hanno allestito: ristorante con aria condizionata in uno, bar/paninoteca e cucina nel secondo, bagno nel terzo. Dei geni criminali. Si chiama Ikarus Faloda ed è pure indicato sulle mappe di Google; andate a vederlo su internet. Sembra una roba da zingari invece il caffè che prendiamo a fine pranzo è pure buono. Noi però, per non sapere né leggere né scrivere, il pranzo lo facciamo col nostro ristorante mobile “McArrigons”: va bene andare all’avventura ma calma e sangue freddo.
Due parole sul “pranzo col furgone” perché è la prima volta che mi capita di assistere: Alberto arriva e parcheggia cercando un’ombra. Non appena apre il portellone posteriore un gruppetto di persone, soprattutto harleyiste con autista ma non solo, si lancia a dare una mano ad allestire tavoli d’appoggio, panche e preparare il cibo che Alberto passa all’esterno. Il Pacca dirige, organizza, prepara ed in tempo zero stiamo già mangiando, spesso all’ombra del furgone stesso. Si torna al discorso del puzzle: siamo 39 pezzi che man mano s’incastrano trovando il proprio posto per rendersi utili. Finita la spazzolata, altrettanto velocemente il gruppo di persone, sempre guidato da Alberto ed il Pacca – che sgobbano un casino, niente da dire – fa sparire il tutto come dei prestigiatori. Si vede che è un meccanismo oliatissimo da anni di Europei ed è un’idea molto intelligente per le tappe tecniche dove dobbiamo metterci alle spalle velocemente molti chilometri. Chapeau.
Dopo pranzo facciamo altre due tappe benzina ma la seconda, che risulta lunga e macchinosa, ci fa arrivare un po’ tardi al Novotel di Seghedino. Il mio gruppo Woody arriva infatti per le 18.30 anziché nel pomeriggio come previsto. Sembra niente ma purtroppo pregiudica alla maggior parte di noi la visita alla città che Monica aveva minuziosamente preparato con tanto di mappa e tragitto a piedi da seguire (sei un mito!). Forse è il momento dove più si è sentita l’assenza della nostra Ronaldinha perché sono convinto che, se ci fosse stata, in qualche modo avrebbe recuperato le visite nonostante i tempi molto ristretti. Magari ci avrebbe tirato giù dal letto alle 6 di mattina; tanto siamo sempre tutti svegli all’alba. Invece con Capo Woody, Luca e Max riusciamo solo a vedere il lungo-fiume Tibisco, la piazza del Mora Ferenc Museum con lo splendido gioco di fontane d’acqua e la Chapel of Wine, una cappella bellissima che hanno riconvertito in birreria dove, dopo aver assaggiato la loro fantastica birra IPA decidiamo che Seghedino è finita lì. Ci sarebbe da vedere il municipio, l’hotel Tisza, la fontana dei re, l’università, la Cattedrale, la Sinagoga, ma tant’è, questa birra è incredibile.
Ormai è già ora di raggiungere il ristorante per la cena. Chiudiamo la serata al Halaszcsarda Kiskorossy godendoci i menu a base di pesce-gatto con paprika in volo radente qui e là – Seghedino è la patria di questa spezia – già prenotati prima ancora di partire. Facciamo seguire una passeggiata sul lungo-fiume per digerire le mega-porzioni che ti servono nei ristoranti ungheresi e, una volta giunti nella piazza di fronte al hotel, un bel giro di “Anisetta” originale gentilmente caricato sul McArrigons dai mitici Michele ed Antonella. Meglio di così….
Tra una risata ed un’altra sono già le 23.30 di sera; le giornate volano qui all’Europeo come sempre quando ci si diverte sul serio. Domani cominceremo ad affrontare l’immensa pianura ungherese – la Puszta – ed un pomeriggio intenso a Hortobagyi per atterrare poi a Debrecen: meno chilometri e più turismo culturale, con l’intermezzo di una strada di campagna che ci ricorderemo per un bel pezzo. Ma è storia di domani…
Capitolo 3 – La Puszta, Hortobagy ed i suoi bellissimi cavalli
Se alle 7.30 di mattina guardassi da una finestra del centro di Milano, vedrei una quantità enorme di automobili che lottano come leonesse per guadagnare un semaforo verde che tanto le porterà inevitabilmente solo al rosso successivo; clacson che urlano le incazzature del lunedì e la disperazione per il weekend ancora troppo lontano. Qui a Szeged, invece, sembra di stare su un altro pianeta. Tre auto di numero all’incrocio sotto la finestra mia e di Capo Woody e nella tranquillità della piazza vedi passare Tiziano e Maristella che, a passo svelto, tornano verso l’hotel. Ma dove saranno mai andati così presto? A sentire lei, sembra che lui non le lasci scelta; si sveglia talmente presto che già all’alba scalcia la porta della camera e scalpita per uscire, per cui Maristella disperata non può far altro che assecondare questa fame d’aria per non venire travolta. Questa volta però unisce l’utile al dilettevole e si fa accompagnare dal purosangue a visitare quella parte di Seghedino che non è riuscita a vedere la sera precedente; adesso stavano rientrando velocemente per dargli la meritata colazione a base di latte e biada.
Oggi la partenza è prevista verso le 9.00, quindi molto in tranquillità. Colazione praticamente di gruppo, ironie e provocazioni di Simone e del Sassi che già di prima mattina scivolano tra i corridoi e mettono di buonumore. Ogni tanto la Susy richiama il Sassi all’ordine ma oggi lui mi sembra in ottima forma: sta carburando il ragazzo. I sorrisi lampeggiano appena svoltato l’angolo dell’ascensore e non spariscono neanche quando la macchina del caffè manda fuori un espresso con un colore così arancione che, personalmente, mi fa deviare verso un più sicuro infuso ai frutti di bosco. Ale e Silvia che fanno i conti di quando lavare le magliette “tecniche” di lui, Enrico Parolo che mi abbraccia mentre passa, lo Sceriffo che cerca la marmellata che poi, sta bastarda, è sempre in un angolino dietro di te, esattamente in quel mezzo metro di buffet dove non avevi guardato. I Lattuada ed i Cirignano che li senti arrivare prima ancora che compaiano all’ingresso della sala. Effettivamente tutti quanti siamo un po’ “rumorosi”, anche se non tantissimo; però vedo che gli altri clienti dell’hotel apprezzano perché inizieranno la settimana in modo diverso dal solito, Potranno raccontare di aver fatto colazione insieme a 39 harleyisti italiani. Mica niente, oh!
Sgasiamo in relax ed usciamo facilmente da Seghedino, anche se il traffico è aumentato; alle fermate dell’autobus i residenti rimangono basiti quando ci vedono passare ed anche a loro lasceremo qualcosa da raccontare in ufficio quando bontà loro ci arriveranno. La prima sosta benzina è prevista dopo 120 km ma calcolando che abbiamo fatto tutti il pieno la sera prima, andiamo via veloci, sempre divisi in tre tronconi come da accordi del Gruppo Strada. Attraversando i paesini tra Szeged e Hortobagy incontriamo nuovamente i pali telefonici attrezzati per accogliere le cicogne ed i loro piccoli – allora non era una casualità quella di ieri, ma un’abitudine della zona, carina come idea – e la stranezza di vedere molti proprietari di villette tagliare l’erba del proprio giardino contemporaneamente. Siamo ormai nel pieno della Puszta, pianura di immense coltivazioni a perdita d’occhio, che incuriosiscono moltissimo Cornelia, Enrico e la parte “agronoma” della personalità di Luca. Anzi direi che per Luca è stato amore a prima vista: macchine agricole di tutti i tipi e strategie di coltivazione originali per non lasciare inutilizzato neanche un centimetro di terreno. Tutto fantastico e bellissimo fino a che, appena finito un villaggio dove tutti ci salutavano, il navigatore ci fa girare a sinistra in una strada allucinante, così incredibilmente “bucata” proprio grazie ai cornutissimi trattori di cui sopra: ecco perché tutti ci salutavano; era un addio. Non mi ricordo precisamente quanti chilometri abbiamo percorso di questa mulattiera folle perché ad un certo punto dovevamo pensare a portare in salvo le moto (a parte i Panamericani che facevano i fighi con le loro sospensioni elettroniche); comunque, visto che sono qui a raccontarla, siamo tutti sopravvissuti anche se sicuramente questa strada ha fissato una nuova definizione di “strada di merda”.
Attraversiamo il Ponte a Nove Archi ed arriviamo finalmente alla Hortobagy Csarda che ci ospiterà il pranzo. Ogni tot passa un’ambulanza che secondo il Sassi arriva a salvare chi ha mangiato il gulasch 30 minuti prima (lo dicevo che era in forma) ma noi ci sediamo lo stesso, confidando che sia solo una battuta. Così è, fortunatamente, e direi che ci godiamo assolutamente i menu tipici ungheresi che ci servono – c’è anche una specie di carbonara di sapore accettabile -. Finiamo giusto nei tempi previsti per spostarci a visitare il Màtai Menes, uno dei più importanti centri di allevamento di equini, bovini e pecore all’interno del Parco Nazionale di Hortobagy.
Il Parco si estende su circa 70-80.000 ettari di terreno per cui, per poter visitare la parte relativa a questo centro, veniamo caricati su delle specie di carrozze dove nelle varie tappe ci viene spiegata la storia, l’organizzazione ed i prodotti, soprattutto lanieri, dell’allevamento. Prima di partire con le carrozze però facciamo in tempo ad entrare nelle stalle con i box degli equini; l’impatto è pazzesco, sia per le dimensioni delle stalle che per le decine e decine di cavalli di una bellezza imponente e statuaria. Ammetto che un pensiero è andato alla Blegy: se fosse stata qui credo si sarebbe fatta adottare e vedendoli da vicino capisco la sua passione sfrenata per questi animali. Nell’ultima tappa della visita i mandriani a cavallo ci regalano un loro spettacolo equestre condito dallo schiocco fortissimo delle loro tipiche fruste; sembrano colpi di pistola tanto sono secchi e rumorosi.
Tornati alla base, riprendiamo le nostre moto ed il nostro viaggio. Siamo diretti a Debrecen e, essendo abbastanza vicini, nel giro di un’oretta siamo già al nostro Hotel di arrivo per oggi, il Mercure – molto bello anche questo, Monica. Complimenti -. Segue la cena, sempre con menu predefiniti prima ancora di partire, al ristorante Regi Posta Etterem; il tutto abbastanza veloce, sia perché sono organizzati ma anche perché abbiamo capito che in quella zona d’Ungheria i locali chiudono presto. Alle 20.10 siamo entrati ed alle 21.30 siamo già fuori per Debrecen a cercare il Lycium, questo albero di 250 anni piantato per risolvere una discussione religiosa. Lo troviamo nascosto dietro il fianco sinistro posteriore della Grande Chiesa Riformata, simbolo di Debrecen e della sua piazza principale. Anche se sono solo le dieci di sera, la città è praticamente deserta ma noi non demordiamo e riusciamo a scovare un paio di localini ancora aperti dove concludiamo la serata a suon di birra, Gin Tonic, eccetera. La giornata di oggi è stata particolarissima e divertente; domani ci toccherà invadere la Regione del Tokaj e, visto il gruppo di diversamente astemi di cui siamo composti, diciamo che NON si strapperanno i capelli dalla disperazione. Chiudo lasciandovi la chicca della giornata:
stiamo tornando a piedi verso le moto dopo aver concluso la visita del centro di allevamento. Il Sassi nota sul retro delle stalle un grosso tubo verde e subito richiama l’attenzione di Tiziano (un altro che non si fa pregare).
“Quello è un inseminatore artificiale. Lo usano per far riprodurre i cavalli senza stressarli.”
Tiziano intanto ascolta interessato e cerca di dire qualcosa ma sempre il Sassi di botto “ce lo avevo anch’io a casa”
A questo punto interviene la Susy per cercare di frenarlo “non sarebbero proprio cose bellissime da dire” ma lui si smarca velocissimo “ma perché? Sai che comodo che è?”. Standing ovation!! Poi non mi ricordo più niente perché stavo lacrimando dal ridere però alla sera a cena il Sassi era un pizzico claudicante. A domani….
Capitolo 4 – Il Tokaj degli Hobbit ed un castello nella foresta
Le prime giornate di questo Europeo sono sempre state molto impegnative tra chilometri percorsi e visite effettuate ed in più la sera non è che si vada proprio a letto con le galline; ho dato, quindi, per scontato che sarebbe stato abbastanza complicato tirarsi su viste le poche ore di sonno. Invece ogni benedetta mattina ci vede ingarellati con l’alba per chi sorge prima e fino ad oggi abbiamo sempre perso; di un soffio ma comunque perso: non siamo del tutto normali, diciamolo. Stamattina invece temo che Sciukky l’abbia presa a pedate nel sedere l’alba perché lo trovo già che sbuffa e sospira curvo sul suo telefonino a cercare delle soluzioni che evidentemente non esistono. Poi prende fiato e sbuffa ancora ma questa volta girandosi verso il mio letto.
“Cosa c’è?” con una voce così rauca che sembra mi sia ingoiato un altoparlante della stazione. Maledetta aria condizionata. Si avvisano i signori passeggeri che il treno del Legnano Chapter è in arrivo al binario 3. Le carrozze di prima classe sono in testa al convoglio ed il furgone-ristorante McArrigons è sempre in coda. Ferma a Celje, Szeged, Debrecen, Lillafured, Budapest. Vi auguriamo un buon viaggio con Ronaldinha Tours.
“C’è che sono preoccupato per domani quando arriveremo a Budapest. L’hotel non ha voluto aiutarci con la prenotazione del parcheggio per cui, una volta là, dovremo cercare un posto che accetti tutte le ventinove moto tenendo presente che saremo in centro città, magari zona pedonale, ed il traffico ed i semafori faranno di tutto per spezzarci in vari tronconi”.
Non ha torto il Road perché effettivamente sembra un bel casino però… “vuoi che il Direttivo non abbia già pensato ad una qualche soluzione?” (spoiler: si, l’aveva fatto!). “Prima di partire per il Tokaj sentiamo i boss”. “Dai che oggi ci aspetta la cantina con la degustazione dei vini. La preoccupazione più urgente è vedere se dopo saremo ancora in grado di guidare fino a Lillafured eheheheh. Oltretutto nel gioco dei tre gruppi oggi toccherà a noi stare davanti per primi; quindi, cerchiamo di trovarla questa Winery”.
E così scendiamo in sala colazione di questo Hotel Mercure che troviamo piena di persone chiaramente in viaggio di lavoro; ci sono anche alcuni italiani che, senza sforzo visto che non passiamo proprio inosservati, ci notano e ci studiano per poi cercare un aggancio e capire cosa diavolo facciamo lì a Debrecen. Descrivo loro il progetto del nostro viaggio che alla fine ci porterà domani a Budapest per festeggiare il 120mo della Harley Davidson. Ad uno di loro scappa un “oh, però! Che viaggio!” di ammirazione ma poi rovina tutto dicendomi che anche lui va in moto perché ha uno scooter. “Ma va?! Che bagnoschiuma ci metti?”. E niente… una possibile amicizia internazionale uccisa in culla.
Partiamo, lasciandoci alle spalle Debrecen e pian piano anche tutta la Puszta e le sue infinite coltivazioni per dirigerci verso nord-est, molto vicino all’Ucraina che in questo momento ha ben altri pensieri. Il viaggio scorre senza particolari intoppi; qualche sorpasso ed una signora che s’incazza quando la rallento un pelino per agevolare il passaggio del mio gruppo. Non rispondo perché tanto so che potrò poi vendicarmi quando scriverò l’articolo e parlerò di lei. “Vecchia stronza! Baciami il culo! Tiè!”. Ecco fatto, tutto a posto.
Quando iniziamo a vedere i vigneti è evidente che siamo entrati nella Regione del Tokaj, patrimonio Unesco tanto per capire lo splendore della zona, dove producono questo vino dolce famoso in tutto il mondo; arriviamo quindi a Hercegkùt, villaggio ricoperto di erba e vigneti dove hanno creato tutta una serie di cantine particolarissime scavate nel tufo che vanno in profondità delle colline e dove ogni famiglia proprietaria conserva il proprio vino. Come fa notare più d’uno, sembra effettivamente un villaggio di Hobbit; le cantine sono in realtà delle grotte e sono “abitabili” per modo di dire vista la temperatura freschina, l’umidità e la mancanza di luce, nel senso che ci si può stare all’interno per un certo periodo e godersi il vino in tranquillità. La nostra destinazione è la Gotz Pincészet, di proprietà appunto della famiglia Gotz, che possiede la maggior parte dei vigneti della zona. Ci accoglie una splendida ragazza – Ildiko Gotz – che in un fluente inglese, tradotto dal tuttofare Marco, ci racconta la storia della zona, della sua famiglia e ci accompagna poi all’interno della loro cantina di rappresentanza per il pranzo con degustazione di sei dei loro vini accompagnati da salumi e formaggi tipici. Il tutto viene da noi ingollato senza battere ciglio; non sa che ha a che fare con dei professionisti dell’alcool ed infatti, nonostante i sei vini differenti, non mi sembra che nessuno abbia particolari problemi di equilibrio. Ci salutiamo con la nostra gentilissima guida e la sua famiglia; Tiziano ed il Sassi fanno i furbini facendosi accompagnare alle moto con l’auto da Ildiko ma, visto che il diavolo fa le pentole ma non i coperchi, Tiziano lascia la propria felpa sull’auto della ragazza. Credo che stasera i claudicanti saranno due….
Ripartiamo in direzione ovest ed in un paio d’ore siamo a destinazione: Hotel Palota, sul lago Hàmori, tra gli alberi della Foresta di Bukki. Un castello spettacolare finito di costruire nel 1930 che – come se non bastassero già la bellezza stilistica della struttura e la vista su lago e montagne – include anche un giardino botanico, grotte e pure una cascata. All’interno dell’hotel tutto è stato mantenuto il più possibile “in stile neo-rinascimentale”, dalla hall alle stanze; per chi vuole è disponibile una SPA con piscina, altri puntano il bar per gustarsi una birra nell’immenso giardino ed altri ancora si dirigono al lago per noleggiare delle barche a remi ed esplorarlo un po’. Onestamente, il tutto, è una cosa incantevole; io finisco sulla barca a remi ma fortunatamente sgobba Ale Cro perché sa il fatto suo mentre il nostro Director gironzola per l’hotel in accappatoio, infradito ed un cocktail in mano: l’ha preso alla grande l’idea della SPA.
Ci godiamo la cena con consegna delle magliette per l’evento Harley della sera dopo ed il dopocena nella sala interna del bar, a bassa voce perché l’ambiente lo richiede ma per noi è uno sforzo disumano. Anche oggi è andato tutto bene e domani si vedrà. Vi saluto con la chicca di oggi:
siamo nella cantina Gotz seduti a tavola in attesa di partire con la degustazione. Non mi ricordo come, sarà forse per l’ambientazione buia della grotta, arriviamo a parlare di animaletti nelle cantine ed interviene Bellasimo:
“ho trovato anch’io delle blatte nel mio giardino”
“ah, intendi gli scarafaggi!”
“No proprio le blatte”
“E qual è la differenza?”
“Le blatte hanno il corpo allungato e quando le schiacci fanno BLAT!”.
In dieci secondi Simone ha risolto un mistero che neanche Piero Angela in 70 anni di carriera. Bastava chiedere a quello giusto. E andiamoooo…
Capitolo 5 – Dal castello delle favole ad una favolosa città
L’orologio vibra per dirmi che è ora. Cacchio, per una volta che stavo dormendo… Lancio un’occhiata fuori dalla finestra ed il Galli è già nel terrazzo a fumare la prima sigaretta della giornata godendosi un panorama incredibile tra montagne verdissime e lago sul loro lato sinistro. Ha ragione; non sarà facile avere nuovamente l’occasione di svegliarsi con una vista così in un hotel altrettanto particolare. Oppure era solo stufo di stare in camera senza tanti ragionamenti filosofici. Giusto il tempo di fare colazione e dovremo abbandonare tutto questo anche se quello che ci attende non sembra affatto malvagio: viaggio attraverso la foresta di Bukki, stop a Szentendre (Sant’Andrea per chi non vuole slogarsi la mandibola) con i suoi musei artigianali e, a seguire, arrivo a Budapest.
La partenza dal Hotel Palota avviene alle 9.00 in punto con davanti il gruppo Woody sempre capitanato da Sciukky, mio sensei alcolico, seguito a breve distanza dai Paprikesi di Enrico Lattuada il quale mi fa correttamente notare che ieri sono partiti loro come primo gruppo per andare alle cantine – giusto per mettere i puntini sulle “i” di Lattuada – ma poi siamo arrivati prima noi e non abbiamo ancora capito come sia stato possibile. Chiude la carovana il gruppo Tokaj di Paolo Foley, dentista in libera uscita in Ungheria, che ancora non si è ripreso da quando mi ha avuto come Safety per un paio d’ore.
Il percorso stradale nella foresta di Bukki è tortuoso e divertente, anche se l’asfalto è un po’ sporco e capita ogni tanto di trovare rami in strada che ci costringono a spostarci verso il centro della carreggiata. Il tutto profuma abbastanza di selvaggio ed incontaminato anche perché di auto ne passano pochissime; le foto però che escono dalle ditine delle zavorrine (rima incredibile; mi sono evoluto come un Pokemon ed adesso sono a livello poeta) sono da incorniciare. Un’oretta e mezza di moto per fare una settantina di km molto tranquilli, mezz’oretta di pit stop così da dare libero sfogo alle prostate urlanti e permettere a Max il Fotografo di calmare l’astinenza da gelato, e poi via ancora verso Szentendre dove parcheggiamo in un grande boschetto proprio a mezzogiorno, giusto in tempo per mangiare come i muratori (questa la dice sempre mia mamma ma non ho mai verificato: i muratori mangiano veramente tutti a mezzogiorno in punto? Chi mi risponde può limonare coi Webmaster).
Protetti dall’ombra di questi alberi, McArrigons, insieme al Pacca ed al suo gruppo d’assalto, scatenano l’inferno di tavoli e panche, taglieri e salumi, insalata e pomodori, pasta e fagioli – no, questa no, anche se dopo avremmo risparmiato benzina andando a reazione – e sempre feroci come locuste spazziamo tutto quello che sfornano. Qualche minuto di pausa chiacchierosa e casinara, repulisti della cucina da campo e poi caffettino al bar pizzeria lì vicino, accolti dalla classica gentilezza distaccata degli ungheresi dove non capisci se sono contenti di vederti o se non vedono l’ora che tu ti tolga dai marroni. La sensazione finale è ”voi italiani siete simpatici ma noi di qua e voi di là”. Agli ordini!
Mentre Antonio, Carlo e Marco salgono in moto e si dirigono verso Budapest per risolvere il dubbio parcheggio, sacrificando la visita che ci aspetta a breve, noi restanti ci dividiamo in gruppetti casuali per entrare a piedi in Szentendre e curiosare la cittadina ed i musei. Visto l’orario molti sono chiusi per la pausa e, per quanto mi riguarda, riesco a visitare solo il Museo del Marzapane grazie alla pervicacia della Susy che, nonostante venga accolta sempre da questa strana gentilezza ungherese, non demorde e riesce ad acquistare i biglietti per tutti senza strangolare la cassiera. Brava lei. Per capire la bellezza delle rappresentazioni che abbiamo trovato all’interno dovete necessariamente guardare le foto: è impensabile credere siano tutte fatte in marzapane.
Finiamo il giretto turistico sbirciando i negozietti di artigianato locale e, giusto il tempo di tornare al boschetto, ecco che arriva da Budapest il telegramma dei Tre Moschettieri: “problema parcheggio risolto. Stop! Muovete il culo. Stop! Com’era la pasta e fagioli? Stop! Non l’abbiamo mangiata. Stop! Allora potete entrare a Budapest. Stop!”. E così, belli accaldati, partiamo verso una delle città più belle che abbia mai visitato. Meglio anche dello spogliatoio dell’Inter, non so se mi spiego. Il tragitto dura un’oretta, tutto fila liscio anche a livello di compattezza dei tre gruppi e finalmente entriamo in questa città carinissima costruita sulle rive del Danubio a sua volta attraversato da vari ponti, alcuni carichi di Storia, altri carichi di auto e Harley, che la rendono molto particolare. Domani inizieremo a visitarla; per oggi ci interessa solo arrivare velocemente in albergo per toglierci da questo caldo infernale che sta cuocendo noi e le moto. A passo d’uomo ce la facciamo e penso che l’aria condizionata del Hotel Zenit Palace sia la cosa più fantastica di Budapest in questo momento. Doccia, wi-fi, relax sbirciando i 9 milioni di foto caricate sulla chat di gruppo ed alle 18.30 ritrovo per tutti nella hall per l’ennesima chicca pensata da Monica, nostro genio dedicato: cena sul Danubio a bordo del battello con musica e spettacolo.
Effettivamente la serata lo è proprio uno spettacolo: dalla sala ben apparecchiata ai camerieri solerti nel servire le varie portate, dalla musica suonata dall’orchestrina alla vista di Budapest di notte che si può godere uscendo all’aperto. Direi che è un’esperienza che va fatta nel caso di una visita a questa città. Come tutte le cose anche questa trova la sua conclusione e verso le 22.30, visto che è ancora presto, ci dividiamo liberamente in gruppetti a seconda delle preferenze: alcuni vanno a bere qualcosina altri si dirigono al Hard Rock Cafè per acquistare l’immancabile maglietta da uomini di mondo (si, c’ero anch’io
).

È il momento di chiudere la giornata; le moto sono al sicuro nel parcheggio sotterraneo e per i prossimi due giorni saremo turisti “classici”, che si muoveranno con i mezzi pubblici e la guida che ci racconterà la città. Sensazione un po’ strana per dei biker ma – dopo la milionata di chilometri che ci siamo già fatti in questi cinque giorni – è una sensazione che accogliamo volentieri. Vi saluto con la chicca di oggi:
è mattina e stiamo per accingerci a lasciare l’hotel Palota…
Chat di Gruppo – ore 8.38 il Pacca giustamente scrive: “Se avete lasciato la carta d’identità in Reception, ricordatevi di ritirarla”
Cinque minuti esatti dopo, sempre chat di Gruppo arriva Cornelia: “Pacca i tuoi documenti li hanno consegnati a me”.
Siamo in una botte di ferro! Ma chi c’ammazza? E andiamoooo….
Capitolo 6 – In giro per Budapest
Ed eccoci al sesto capitolo della nostra saga ungherese. Ma non sembra anche a voi che questo Editor sia un po’ lento nello scrivere gli articoli? Fossi nel Direttivo lo cambierei subito con uno più rapido e, soprattutto, più conciso. Vuoi che tra tutti i soci non ce ne sia uno con queste caratteristiche?
Ma ecco subito il Chiodini che bombarda in volo radente: “Cosa? Non se ne parla neanche! Se lo dici ancora ti incateno alla sedia. Sei il miglior Editor che il Legnano Chapter abbia avuto negli ultimi quattro minuti!”. Che è giusto il tempo che ho impiegato a pensare questa minchiata. E quindi… niente da fare! Abbiate pazienza…
Dov’eravamo rimasti? Ah, sì! Ci siamo lasciati ieri sera, quando siamo finalmente andati a dormire poco dopo aver vandalizzato l’Hard Rock Cafè Budapest a colpi di bancomat. Oggi ci aspetta il giro turistico della città. Quindi giù di corsa dal letto e pipì rigenerante per restituire all’Ungheria le birre bevute ieri sera; poi tocca a Sciukky ed il Danubio si alza di mezzo metro: mai sfidare il proprio maestro. Arrivano foto di Bellasimo e dei Marinello’s dalla palestra dove sfoggiano una forza di volontà fuori dal comune, della Laura che dalla Malpensa smadonna per il ritardo di un’ora del suo aereo per Budapest e del Galli con la sua immancabile sigaretta che oggi apre la sua giornata fumando in strada su una panchina di fronte al Hotel. Io e Sciukky proseguiamo con la nostra ristrutturazione generale, look da Fantozzi in gita scolastica e via verso la colazione e poi la Hall per il ritrovo con tutti gli altri. Arriva Adam, la tanto attesa guida parlante italiano, con la quale scorrazzeremo a piedi in lungo ed in largo: è alto, simpatico, con un cappello un po’ buffo e ha un che di ungherese ma non capisco bene cosa.
Parte subito in quinta dirigendosi verso il primo stop culturale: la statua della “Ragazza con il cane”, posizionata di fronte alla Sala Concerti di Vigadò e che racconta di una storia molto romantica, per poi proseguire lungo il Danubio verso la Statua della Piccola Principessa che sembra porti fortuna a chi le sfrega le ginocchia. Adam arrotonda spesso le spiegazioni mostrando anche alcune foto che tiene in un book che si è portato a dietro e mette altrettanto spesso l’accento su una simpatia storica ed istintiva che scorre tra ungheresi ed italiani: a quanto pare non è un caso che abbiamo le bandiere nazionali con gli stessi colori anche se orientati in modo differente. Si incammina verso la stazione della metropolitana più vicina e, per arrivarci, passiamo di fronte al più famoso caffè/pasticceria ungherese: Café Gerbeaud, 165 anni di storia! All’interno hanno mantenuto l’arredamento dell’800 e servono tra le altre cose la Torta Dobos, il dolce preferito della Principessa Sissi. Il languorino sale subito ma Adam, ferocemente ligio al suo programma, ci guida a prendere la metropolitana per portarci a visitare la Piazza degli Eroi.
Una volta arrivati e risaliti in superficie l’impatto con la Piazza è notevole: è sostanzialmente un immenso semicerchio chiuso a destra ed a sinistra dalla Galleria d’arte Mucsarnok e dal Museo delle Belle Arti. Nel semicerchio sono raffigurate le statue dei capi delle sette tribù magiare che fondarono l’Ungheria, mentre nel centro della piazza compare il Monumento del Millenario. È un po’ anche la porta d’ingresso del grandissimo Parco municipale che è alle sue spalle e dove troviamo modo di visitare il Castello di Vajdahunyad che è appena dietro.
Dopo un momento di riposo, il grande caldo si fa sentire, ripartiamo di buona lena nuovamente verso la metropolitana per ritornare quasi nelle zone del nostro hotel per andare a vedere la Basilica di Santo Stefano, versione ridotta della nostra Basilica di San Pietro. Proprio pochi metri prima dell’ingresso incrociamo il Direttore Carlo e Laura, finalmente arrivata a destinazione. Foto di gruppo di fronte alla Basilica, anche per festeggiare la presenza di Laura, e poi ci troviamo davanti la statua più bella di Budapest. Adam prova a spacciarlo per il “Soldato Ungherese” ma anche lui si deve arrendere all’evidenza: è la statua di Sciukky, poche balle! A noi non la si fa.
Camminata veloce per la piazza con la ruota panoramica e poi ancora in metropolitana passando sotto il Danubio per sbucare in collina dall’altro lato. Autobus di linea ed eccoci nel quartiere del Castello di Buda di fronte alla Chiesa di Mattia, spettacolare edificio con i tetti realizzati con piastrelle di ceramica, seguita poi da una piccola ulteriore scarpinata per arrampicarci sulla collina di Buda e goderci lo splendido panorama di Budapest vista dall’alto. SI vedono nitidamente anche i tre ponti principali: Ponte delle Catene, Ponte Margherita e Ponte Erzsébet, quello più vicino al nostro hotel. Ci salutiamo con Adam e ci dividiamo in gruppetti: qualcuno va a mangiare in un ristorante suggerito da Adam, altri vanno a visitare l’interno della Chiesa di Mattia per poi rientrare comunque in hotel e prepararci all’evento per i 120 anni della Harley Davidson che si tiene alla Puskas Arena.
Alle 17.30 siamo tutti nella Hall con le nostre magliette verde lime fluo. Sembriamo un po’ degli Hari Krishna daltonici ma, una volta presa la metropolitana ed arrivati all’evento al quale partecipano migliaia di persone, ci si rende subito conto della comodità della cosa: il Legnano Chapter lo vedi anche al buio e molti altri Chapter si complimentano con noi per l’idea che probabilmente copieranno alla prossima occasione.
La festa è bellissima, con uno padiglione Harley immenso dove presentano tutti i loro modelli, inclusi i nuovissimi CVO ultratecnologici. Al padiglione del merchandising ufficiale c’è da pazientare per almeno mezz’oretta per riuscire ad entrare ma in coda mi ci metto solo io che stupidamente non ho ordinato il Rally Pack dedicato. Mea culpa. Nel frattempo, però, tutto il Legnano Chapter sparisce tra gli stand di abbigliamento, ricambi, accessori after-market e soprattutto quelli dello street-food (più che altro direi street-drink conoscendo i miei polli); però, grazie alle magliette abbaglianti, li rintraccio subito non appena mi libero dalla coda per il merchandising. La musica rock dei gruppi chiamati sul palco rimbomba e trascina per tutta l’area dello stadio Puskas mischiandosi al tuono di centinaia di marmitte. In questo casino totale ci troviamo da Dio ma dopo quasi cinque orette di divertimento le nostre energie entrano in riserva e, silenziosi come una curva ultrà, riprendiamo la metropolitana che ci riporta al nostro Hotel Zenit. Anche per oggi la giornata è già finita, purtroppo; questo Europeo corre via più veloce delle nostre moto anche perché veramente bellissimo: Monica lo ha studiato nei minimi particolari e, finora, non abbiamo incontrato nessuna emergenza. Siamo tutti in salute e le moto non hanno avuto neanche mezzo problema di affidabilità. Anche l’armonia all’interno del gruppo è ai massimi livelli. Meglio di così…
Capitolo 7 – Rush finale
Venerdì 23
Ieri sera, con la partecipazione all’evento per i 120 anni della Harley Davidson, direi che abbiamo raggiunto il picco di questo Europeo ungherese. Certo, chi si è iscritto alla parata di Sabato ha ancora una cartuccia importante da sparare e da aggiungere ai ricordi, ma direi che da stamattina inizia il “ritorno sulla Terra”. Infatti la giornata di oggi prevede sostanzialmente che tutti siano liberi di gironzolare per Budapest in autonomia, senza quindi niente di “guidato” e così, non appena finita la colazione, si formano vari gruppetti che si dirigono a seconda delle preferenze verso i punti d’interesse che ancora mancano da vedere a Budapest: Mercato Centrale, Memoriale della Shoah “Le Scarpe sulla Riva del Danubio” che onestamente fa a pezzi il cuore, Parlamento di Budapest (bellissimo), Grande Sinagoga (altrettanto bella e ottimamente organizzata a livello di guide parlanti varie lingue). Per vedere tutto questo bisogna snocciolarsi circa 10 km a piedi ma ormai siamo allenatissimi e non battiamo ciglio nonostante un caldo boia. Per la serata è previsto di tornare alla Puskas Arena per godersi ancora un po’ dell’evento Harley; alcuni decidono di andarci in moto (me compreso nonostante Sciukky mi avesse sconsigliato) mentre altri prendono la più tranquilla metro. Il motore emozionale di tutto è: ma quando mi ricapita di girare per Budapest in moto? Già! Peccato che giusto due orette dopo essere entrati nello stadio ed aver mangiato un po’ di insano street food da fiera, le nuvole nere che si vedevano in lontananza non sono più così lontane: per cui fuggi fuggi a recuperare le moto ed a correre indietro verso il nostro Hotel Zenit Palace. Ovviamente non facciamo in tempo ad arrivarci e ci becchiamo una lavata coi fiocchi. Quando imparerò ad ascoltare il Maestro, eh? Quando?! Scooter Boia! Comunque, il progetto Budapest by Night finisce annegato prima ancora di iniziare. Alcuni tornano in camera ad asciugarsi, altri puntano qualche locale per chiudere la serata con dei drink consolatori e raccontarsi cosa hanno visto durante la giornata.
Sabato 24
Oggi è il fatidico momento dove ci divideremo in due gruppi per lasciare Budapest: uno inizierà già dalla mattina il percorso di ritorno verso la Slovenia, costeggiando però una parte del lato Nord del Lago Balaton fino a Tihany per poi attraversarlo verso la sponda Sud salendo sul traghetto di collegamento che “sbuca” a Szantod. Si pensava che sarebbero state presenti solo una decina di moto; invece, l’idea dev’essere piaciuta perché si sono aggregati anche molti che avevano il biglietto per la parata. In totale alla fine il gruppo è composto da ben 22 equipaggi (come li chiama Biker58) capitanate dal Road Enrico Lattuada, protette dalla chiusura di Alberto Galli e supportate dal Safety Marco Marinello e dal solito fighissimo editor tuttofare. Il secondo gruppo invece parteciperà alla parata organizzata dalla Harley Davidson che porterà 6.000 moto in giro per le vie del centro di Budapest e poi raggiungerà direttamente la Slovenia seguendo la via più diretta. Facciamo giusto in tempo a salutare Hans che ritorna in Olanda e Roberto e Donatella Riva che si staccano da noi per andare in solitaria a visitare la Romania in sella alla loro Harley Panamerica. Grandi!
Tutto fila liscio ad ambedue i gruppi perché a sera ci ritroviamo tutti allo stesso hotel sloveno che ci ha ospitato all’andata: il mitico Hotel A (chiamato così per far incazzare gli ungheresi ed i loro nomi impronunciabili). I racconti di chi è andato alla parata sono entusiasti ma anche il giro del Lago Balaton guidato da Lattuada è stato molto carino: quindi tutti contenti e soddisfatti. Chiudiamo la serata con la cena “finale” e poi tutti a nanna perché il giorno dopo ci aspetta la botta da 600 km per arrivare a casa.
Domenica 25
Ultima sveglia “fuori-casa”… La colazione scorre via un po’ mogia; non c’è una gran voglia di chiudere qui questa esperienza e la tireremmo più in lungo molto volentieri . Però è anche vero che dobbiamo pur tornare a casa se vogliamo che la nostra Ronaldinha ci organizzi l’Europeo del 2024, no? Così a malincuore carichiamo per l’ultima volta il bagaglio sulla moto e partiamo. Il viaggio è molto semplice: sempre dritto fino a Legnano. Soliti pit stop per rifornire le moto, soliti gelati per rifornire Max Montefiori e più velocemente di quel che pensassi ci ritroviamo in concessionaria. Foto di gruppo, saluti e baci abbastanza frettolosi perché il caldo è proprio infernale ed a questo punto anch’io non vedo l’ora di arrivare a casa, buttarmi nella doccia e guardare sul calendario quali saranno i prossimi Run che ci aspettano. Anche luglio effettivamente non è messo male con Run dei Felliniani a Riccione, Rock on The Beach in Liguria e Run delle Cime innevate in Val d’Aosta. Cavoli, abbiamo appena spento la moto dopo 3.000 km in giro per l’Ungheria e sono già in crisi d’astinenza…. Vai Monica, la palla adesso ritorna a te; io mi sono divertito moltissimo sia a viverlo che a raccontarlo questo Europeo. Grazie infinite ancora a te, a Giovanni, a tutti gli amici che hanno reso indimenticabile questo viaggio e soprattutto agli eroi che hanno letto tutti i sette capitoli che ho scritto senza suicidarsi. Alla prossima. Ciao!
Davide